Alienazione genitoriale in divorzio e separazione.

Alienazione genitoriale in divorzio e separazione.

Alienazione genitoriale in divorzio e separazione conflittuale è una dinamica familiare disfunzionale caratterizzata da un perdurante e grave rifiuto ingiustificato di un figlio nei confronti di un genitore. Verosimilmente inquadrabile come una pesante forma di abuso nei confronti dei bambini coinvolti, fu inizialmente descritta come sindrome (PAS: Parental Alienation Syndrome) dallo psichiatra americano Richard A. Gardner ma, allo stato attuale, non è annoverata tra le psicopatologie dalle più diffuse tassonomie in uso (DSM V)

La teoria originaria di Gardner prevede l’insorgere di otto “meccanismi” nel minore oggetto di alienazione:

  • adesione più o meno conscia ad una “campagna di denigrazione”, attraverso la quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore «alienante» verso quello «alienato». In una situazione normale ciascun genitore non permette che il bambino esibisca mancanza di rispetto e diffami l’altro. In casi di franca alienazione invece, il genitore «alienante» non mette in discussione tale mancanza di rispetto, ma può addirittura arrivare a incoraggiarla;
  • comparsa di una “razionalizzazione debole” dell’astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o, anche, solamente superficiali
  • emersione di un certo grado di ”mancanza di ambivalenza”, per la quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come «completamente negativo» laddove l’altro è visto come «completamente positivo»;
  • instaurarsi del cd “fenomeno del pensatore indipendente” che indica la determinazione del bambino ad affermare di essere una persona che sa ragionare senza influenze e di aver elaborato da solo i termini della campagna di denigrazione senza ”input” da parte del genitore «alienante»;
  • consolidarsi di un progressivo appoggio automatico al genitore «alienante» come presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore «alienante», qualsiasi genere di conflitto venga a crearsi;
  • apparente assenza di senso di colpa, per il quale tutte le espressioni di disprezzo operate dal bambino nei confronti del genitore «alienato» trovano giustificazione nel fatto di essere meritate quale sorta di «giusta punizione»;
  • presenza di “scenari presi a prestito”, ovvero affermazioni che non possono ragionevolmente provenire direttamente dal bambino, quali ad esempio l’uso di frasi, parole, espressioni o la citazione di situazioni normalmente non patrimonio di un bambino di una specifica età per descrivere le colpe del genitore escluso;
  • progressiva estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato, che coinvolge, nell’alienazione, la famiglia, gli amici e le nuove relazioni affettive del genitore rifiutato.

Richard Gardner affermò che, a suo parere, l’instillazione incontrollata di questo tipo di dinamiche sarebbe una vera e propria forma di violenza emotiva, capace di produrre significative psicopatologie sia nel presente che nella vita futura dei bambini coinvolti. Tra queste conseguenze, incluse gravi processi psicopatologici quali: alterazioni dell’esame di realtà, indebolimento della capacità di provare empatia; mancanza di rispetto per l’autorità, estesa anche a figure non genitoriali; atteggiamenti paranoidi; psicopatologie legate allo sviluppo dell’identità di genere e diverse altre alterazioni del funzionamento psicocomportmaentale e relazionale.

Rispetto alle dinamiche individuate, i bambini più facilmente condizionabili e plasmabili paiono essere i figli unici o comunque privi di altre figure importanti capaci di offrire alternative alle manovre di alienazione. Circa l’età invece è bene ricordare che il bimbo rimane poco condizionabile fino ai 2 anni circa, poi la sua plasmabilità aumenta fino ai 7-8 anni per rimanere infine stazionaria fino ai 15.